[ad_1]
Fonte:
bikeforgood.it
Hai mai sentito il suono del mondo quando resta solo il rumore delle ruote sulla terra?
Ci sono serate che ti restano addosso, come la polvere dopo una lunga giornata di viaggio in bici.
Ti restano e ti sorprendono per quello che succede tra una presentazione e l’altra, tra un applauso e un sorriso, quando capisci che la bici non è solo un mezzo, ma un linguaggio comune.
Quella che abbiamo vissuto in Cascina Biblioteca, a Milano, è stata proprio così: una serata di racconti di viaggio, organizzata insieme a FeelMIBike e Scintilla Cicloprogetti, dove tre esperienze molto diverse – tra Veneto, Balcani e Marocco – si sono intrecciate come tre sentieri che finiscono nello stesso punto.
Io ero lì come moderatore, ma più che dirigere ho ascoltato, annusato sogni e raccolto pezzi di libertà.
Scrolla fino in fondo per vedere il video della serata.
Il respiro della Cascina
Chi conosce Cascina Biblioteca sa che è un posto speciale.
Con il vagone del treno trasformato in bar e un dehors colorato e accogliente con sedie di plastica e sedili in legno del vecchio treno.
Prima che cominciassimo, Thomas ha presentato il loro progetto.
“Per anni siamo stati un ghetto per disabili,” ha detto, “un bel posto, ma chiuso. Ora vogliamo fare integrazione e per farla occorre fare arrivare le persone con eventi come questo.”
Oggi la Cascina è un luogo di inclusione vera: persone con disabilità, volontari, meccanici, contadini e sognatori che condividono lo stesso spazio.
La ciclofficina popolare ne è l’esempio più chiaro: chi entra per aggiustare la bici, resta per scoprire che può aggiustare anche un po’ sé stesso.
Moderare una serata di viaggi in bici qui è come far parte di un racconto già in corso. Almeno dal 1100, come dice Thomas.
Ti senti dentro un flusso dove la bici è solo la scusa per parlare di vita, di incontri, di cura.
Pedalare per creare: Scintilla Cicloprogetti e FeelMIbike
Con noi c’era Luigi Costanzo, presidente di Scintilla Cicloprogetti, realtà con cui condividiamo la passione per i progetti concreti che nascono pedalando.
Luigi ha raccontato di Rastrellami, l’iniziativa per portare parcheggi per bici davanti ai negozi e alle case, e del progetto con Dottò: parcheggi mobili per bici durante eventi e concerti.
“Le idee nascono quando le persone si incontrano,” ha detto. E ha ragione: questa serata ne era la prova vivente.
Il Veneto in bicicletta: tra città d’acqua e strade di ferro


Il primo racconto di viaggio è stato proprio il suo: un giro di tre giorni tra Treviso, Venezia, Chioggia e Padova.
Un regalo di compleanno che Luigi si concede ogni anno, da solo, con la bici e il tempo come unica compagnia.
Mentre parlava, mi sembrava di vedere i ponti in ferro lungo la ciclabile Treviso–Ostiglia, antica ferrovia trasformata in una lunga ciclabile che attraversa il cuore del Veneto.
“Ogni tanto ti sembra di pedalare dentro la memoria,” ha detto. “Vecchi binari, ponti, paesi che profumano di vino e di legna tagliata.”
La parte più sorprendente è stata il tratto lungo il fiume Sile, il GiraSile, fino alla nuova passerella a sbalzo sulla laguna veneziana, inaugurata da poco.
“È incredibile arrivare in bici fin quasi a Venezia,” racconta. “Pedali sull’acqua, senti il sale, ma non hai il rumore del motore. Solo il vento.”


Nel viaggio c’è stato anche qualche imprevisto: una foratura, il caldo, l’incontro con un anziano ciclomeccanico che gli ha offerto la sua storia.
Quando gli ho chiesto che cosa ha imparato dal suo viaggio, ha sorriso.
“Portate una mappa di carta. Il telefono si scarica, ma la curiosità no.
E se potete, andateci in primavera o a settembre. In luglio il caldo è stato insopportabile e nonostante la crema solare, mi sono cotto come una melanzana.”
La sala è scoppiata a ridere. Ma in fondo, i viaggi migliori sono quelli che ti lasciano qualche segno addosso.
Da Trieste a Istanbul: 1900 km di amicizia e confini attraversati


Il secondo viaggio ci ha portato molto più lontano, lungo un itinerario che suona quasi mitologico: Trieste – Istanbul in bici, 1900 chilometri, 7 Paesi, 13.000 metri di dislivello e 27 giorni di avventura.
A raccontarlo sono stati Daniele, Stefania e Luca, un trio affiatato e pieno di ironia.
Hanno pedalato attraverso tanti confini: Italia, Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Grecia e Turchia. Portando tende, sacchi a pelo e una buona dose di incoscienza.
“All’inizio ti chiedi se ce la farai,” ha detto Daniele. “Poi capisci che non serve sapere tutto. Ti basta saper ripartire ogni mattina.”
Stefania ha raccontato la loro filosofia: “Non abbiamo pianificato troppo. Ci fermavamo dove capitava, dormivamo in campeggi, giardini o ospitati da sconosciuti.
È così che scopri che la bici è un passaporto universale.”
Il pubblico ascoltava attento, mentre scorrevano le foto: montagne aspre, strade di pietra, idromassaggi improvvisati, e volti sorridenti.
“Ogni confine era diverso,” ha detto Luca. “Ma in tutti c’era la stessa sensazione: che la linea che divide è molto più sottile di quanto sembra.”
Uno degli episodi più belli è avvenuto in Bulgaria:
Un uomo grande e grosso, tifoso della Roma, ha mostrato fiero il suo tatuaggio con la lupa, il Colosseo e il Pupone Francesco Totti.


Quando sono arrivati a Istanbul, non c’erano bandiere o arrivi trionfali.
Solo il traffico, i clacson e la sensazione incredula di essere davvero lì, dopo quasi 2mila chilometri.
“L’ingresso in città è stato uno shock,” ha raccontato Luca. “Strade enormi, macchine da tutte le parti, rumore, caos. Dopo settimane di silenzio, sembrava di essere atterrati su un altro pianeta.”
Si sono fermati sul ponte che divide Europa e Asia, a guardare l’acqua del Bosforo scorrere sotto le ruote.
Con un sorriso grande, di quelli che non riesci a toglierti più.
A questo punto mi sono accorto che tutti nella sala avevano uno sguardo diverso. Quello di chi, anche solo per un attimo, ha immaginato di essere lì con loro, a respirare quella libertà.
Marocco: tra rocce blu, deserto e ospitalità


Poi è toccato a Federico Bonato, che insieme all’amico Stefano ha attraversato il Marocco in bici.
Il suo racconto è stato un cambio di prospettiva: dail Nord-Est, all’Est Europa e ora in Africa.
“Il Marocco è una tavolozza di toni caldi,” ha iniziato. “Ogni curva è un colore nuovo. E ogni incontro è una storia.”
Il loro viaggio ha seguito un tratto di un’antica vita di carovanieri da Timbuktu in Mali a Essaouira in Marocco.
Il loro viaggio in bici li ha portati tra Anti Atlante, Sahara e Alto Atlante.
“Abbiamo seguito piste sterrate, spesso con nessuno intorno. A volte pensi di esserti perso, poi spunta un villaggio e qualcuno che ti offre il tè.”
Federico ci ha mostrato una foto delle rocce blu di Tafraout, dipinte da un artista belga negli anni ’80.
“Sembrano finte, ma non lo sono. Il contrasto tra il blu e il deserto è ipnotico.”


Poi ha raccontato del bivacco nel Sahara. e di quanto sia stato complicato quel tratto in bici.
“La sabbia era ancora umida dopo una pioggia rara, così si poteva pedalare. Abbiamo dormito sotto le stelle. So che è un luogo comune ma è stato magnifico.”
In un altro bivacco su un altopiano a 2000 metri abbiamo trovato una temperatura di -1 gradi.
La massima durante il viaggio è stata di 35 gradi.
Il 70% del percorso era su sterrato, ma il Marocco sta cambiando rapidamente.
“Molte piste sono in via di asfaltatura,” dice. “Migliora la vita delle persone, ma toglie un po’ di magia al viaggiare lento.”


L’ospitalità marocchina, invece, resta intatta.
“Chiedi un posto dove dormire e qualcuno ti accompagna da un cugino, o da un amico.
In un villaggio berbero ci ha ospitati un uomo che non parlava nemmeno l’Arabo. Anche Google Translate è andato in crisi di fronte al berbero.
Ci ha cucinato, steso tappeti e servito la cena.”
Federico chiude con una frase che mi è rimasta impressa:
“Il viaggio non serve per scappare, ma per avvicinarsi. Alle persone, ai luoghi, a sé stessi.”
La bici come linguaggio comune
Quando l’ultimo applauso si è spento, ho guardato i volti del pubblico, ma anche quello dei relatori e ho visto persone più sorridenti e unite da un sogno, quello di un viaggio a pedali.
Questa serata mi ha ricordato perché amo organizzare incontri come questo.
Perché ogni volta succede qualcosa di semplice e potente: le persone si riconoscono.
Non importa se hai pedalato in Marocco, in Veneto o solo fino al lavoro. Quello che conta è il ritmo che metti nelle gambe e negli occhi.
La bici ti insegna a rallentare, ma anche a non fermarti mai.
E quando qualcuno mi chiede perché raccontiamo i viaggi in bici, la risposta è sempre la stessa.
Perché ogni racconto accende una scintilla. E ogni scintilla, prima o poi, diventa strada.
Se ti va puoi ascoltare la prima parte della serata sul nostro canale YouTube (al quale ti chiedo di iscriverti, se non l’hai ancora fatto)
Disclaimer: Questo contenuto è stato importato automaticamente da una fonte esterna tramite strumenti di aggregazione.
Tutti i diritti relativi a testo, immagini e media appartengono all’autore originale.
In caso di richieste di rimozione o segnalazioni di violazione del copyright, contattaci e provvederemo tempestivamente.
Fonte originale: https://bikeforgood.it/mondo-di-cicloviaggi-viaggi-in-bici-veneto-balcani-marocco/
[ad_2]
















