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Fonte:
lavaligiainviaggio.com
Ginosa è per me un ricordo d’infanzia, un ulivo tra altre centinaia di ulivi e un insieme di suggestioni capaci di evocare alla mente antiche scene del passato.
Un po’ Gravina e un po’ Matera
Ginosa è una cittadina piccola che sembra imparentata a Gravina, a sua volta una Matera in miniatura.
Il suo agglomerato di case è racchiuso da mura di grotte scavate nella roccia, dove sono silenziosamente celate storie lontane e altre, più vicine nel tempo, immaginate o narrate perfino sul grande e piccolo schermo.
Questo paese, forse meno conosciuto di altri luoghi di Puglia, si colloca nella terra di gravine che occupa anche il territorio lucano e che, appunto, ha in Matera uno dei più suggestivi esempi di grotte dal significato rinnovato: abitazioni tornate ad essere utilizzate per incantare il viaggiatore.
Come le altre, anche le gravine di Ginosa testimoniano la vita dell’uomo, iniziata nella preistoria e convalidata da ritrovamenti di quel periodo, fino all’ impatto abitativo più distante nel tempo, quando il cristianesimo aggiunse alla roccia una funzione diversa, quella di chiese rupestri (vedi quelle di Santa Sofia o Santa Barbara), impreziosite dagli affreschi di cui restano tracce.

Oltre le gravine di Ginosa
La mia più recente visita di Ginosa, dopo quella avvenuta quando ero ancora una bambina, è stata resa speciale dai racconti del signor Carmelo Di Biasi, gentilissimo e così innamorato della sua città da custodirne i luoghi più nascosti e le mille storie da raccontare. La sua guida, attraverso le vie del cuore antico del paese, dona una luce ancora più interessante a ciò che vedo e mi ridanno qualcosa che, dopo aver trascurato la macchina fotografica, ho letteralmente perso da mesi: l’attenzione per i dettagli.

Mentre Carmelo parla, lasciandomi incantata dalla sua enorme cultura, osservo le strette viuzze che il terremoto del 1857 ha reso silenziose.
La Chiesa Madre sovrasta una parte delle gravine, rendendo il luogo attorno una vera e propria cartolina. Influenzata dall’architettura francese, la Chiesa risale alla fine del Cinquecento. All’esterno il rosone è affiancato dall’immagine di San Martino mentre divide con la spada il suo mantello, così da poterlo donare.
Anche il Castello di Ginosa, come la chiesa, domina il territorio di gravine ed ebbe, in principio, funzione difensiva contro i nemici.
La zona rupestre si divide essenzialmente nel rione Casale e nel rione Rivolta, il più antico tra i due, le cui grotte sono distribuite su cinque livelli.
Carmelo guida il nostro sguardo verso le suggestioni create dalla roccia delle grotte e racconta gli aneddoti e le curiosità di quel luogo dal fascino ancora nascosto.
Le storie tra le gravine
Nel suo viaggio verso Roma, si racconta che nel 49 d.C., San Pietro sia passato da Ginosa e che qui abbia ricevuto ospitalità.
Nelle storie cinematografiche, invece, Ginosa diventa la cornice perfetta. Eccola apparire in una scena del film “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini, del 1964. Compare, ancora, nel più internazionale “Tulipani – Amore, onore e una bicicletta” del 2017, il cui regista olandese, Mike Van Diem è perfino premio Oscar.
Peppe Fiorello, nel film “Chi m’ha visto”, interpreta il musicista Martino che si finge scomparso per attirare l’attenzione su di sè, mentre è in realtà nascosto proprio nelle gravine di Ginosa.
Anche la storia rivelata dai palazzi non può che catturare la mia attenzione. Rimaste in sospeso le opere di restrutturazione, scopro la volontà di riportare alla vita edifici che, penso, rappresentino una impresa folle in cui imbarcarsi. Uno di questi è il progetto di realizzare un atelier, in un imponente Palazzo nobiliare. Scopro, così, che i reali d’Inghilterra hanno commissionato la camicia che William indossò il giorno del suo matrimonio, proprio ad un sarto di Ginosa.

L’ulivo pensante di Ginosa
Non ci sono parole per descrivere “l’ulivo pensante”, come è stato ribattezzato.
Diventato forse più instagrammabile delle stesse gravine, è un ulivo a cui la natura ha donato le sembianze di un vecchio saggio.
Una roccia di calcare, sul suo viso, sembra addirittura una lacrima che gli riga il volto rugoso.
Racchiuso in un terreno di proprietà, è possibile ammirarlo cercando le “camminate” organizzate in quel di Ginosa o contattando il suo proprietario.
E’ certamente una incredibile bellezza che ricorda quanto gli ulivi siano alberi meravigliosi e quanto la natura sia artista di se stessa.
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