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Fonte:
bici.pro
Quanto male può fare perdere una corsa a tappe avendo alla fine lo stesso tempo, al secondo, di colui che ha vinto? Non capita spesso e ancor più raro è il caso che siano ben tre a chiudere la gara e a giocarsi la vittoria finale in base ai piazzamenti. E’ quanto accaduto a Riccardo Perani, ma il corridore della Trevigiani ha già imparato che dalle corse bisogna prendere il meglio, anche se il retrogusto è amaro.
Al Giro del Veneto era filato tutto liscio, con anche una vittoria di tappa, ma alla fine non è bastato per battere il belga Ferre Geeraerts (DL Chemicals-Experza Cycling Club): «Io non mi attendevo di tenere in classifica generale, non sono certo un uomo da corse a tappe nel loro complesso. Mi sono un po’ stupito di me stesso, di aver tenuto duro, anche a livello mentale, grazie a delle persone che mi stanno seguendo e che mi hanno fatto credere in me e infatti è arrivato un buon risultato».




Come erano le tre tappe?
Le prime due erano completamente piatte, infatti abbiamo fatto una media altissima. L’ultima era più frastagliata con salite corte negli ultimi 50 chilometri e si pensava che lì ci sarebbe stata selezione. Ma io su quel tipo di ascese vado bene, infatti ho tenuto. La prima tappa è andata bene, peccato un po’ che nel finale le gambe non erano delle migliori, non pensavo neanche di riuscire a fare lo sprint invece ho chiuso al secondo posto. La seconda tappa era simile alla prima, soltanto che c’era da fare due volte la salita di 5 km bella impegnativa, con due corridori in fuga ripresi a 5 chilometri dal traguardo. Lì Luca Rosa mi ha aiutato a chiudere i buchi sul finale, io sono partito a 500 metri e riprendendo Oioli ed è arrivata la vittoria.
E nell’ultima tappa?
Sulle salite di Vicenza è andata via una fuga molto pericolosa con dentro due uomini di classifica, Cretti e Valent insieme all’inglese Harding della Zappi, con un mio compagno di squadra dentro che faceva da stopper. Dietro mi sono messo a tirare con i miei compagni di squadra per andare a chiudere insieme alla squadra belga. Abbiamo chiuso ai -4 e lì sono partiti un po’ i continui scatti e controscatti, ma alla fine siamo arrivati in volata. Lì ho sbagliato un po’ la posizione, sono uscito un po’ troppo all’aria e negli ultimi 300 metri è andata male.




Alla fine è più la soddisfazione, anche la sorpresa di essere arrivato a quel livello o la rabbia per aver perso una corsa a pari merito con il belga?
A mente fredda prevale la soddisfazione perché nonostante abbia fatto secondo, mi è piaciuto questo Giro del Veneto perché abbiamo corso proprio da squadra, io e i miei compagni, anche lo staff. Certo alla fine perderla così è un po’ brutto, ripensi sempre a quel che avresti potuto cambiare per guadagnare quel secondo decisivo.
Quest’anno sembra che comunque ci sia stato un progresso da parte tua nei risultati, pur essendo un corridore più da corse in linea…
Sì e devo dire grazie al mio preparatore Filippo Rocchetti che mi ha aiutato tantissimo accompagnando la mia crescita fisica. Mi è stato dietro tutto l’anno, nonostante quello che è successo in squadra. E’ infatti anche grazie a lui che è arrivata una condizione fisica così brillante. E’ stata una stagione non sempre semplice, puntavo molto al Giro NextGen ma non sono stato bene fisicamente. Volevo tanto una tappa al Giro d’Italia o almeno un buon piazzamento, ma non ero a posto. Ma rispetto all’anno scorso ho fatto un finale di stagione in crescendo nella condizione, nella forma fisica da Capodarco in poi.




Accennavi ai problemi della squadra, com’è stata l’atmosfera in tutto l’anno?
All’inizio andava tutto bene, poi a fine aprile la società ha deciso di cambiare, chiudendo il rapporto con Rocchetti dopo che non sono state rispettate certe promesse che a noi erano state fatte. Infatti Filippo è andato via, non ci ha più seguito, è arrivato il nuovo direttore sportivo Rino De Candido, uomo di grande esperienza ma che è tutto l’opposto di Filippo.
Come vi trovate con lui?
Abbiamo un rapporto molto professionale. Lavorativo nel senso stretto del termine. Ci vediamo in corsa, ci relazioniamo in settimana per gli allenamenti. E’ un po’ il mio datore di lavoro. Con Filippo avevo innanzitutto un rapporto anche di amicizia, nonostante magari la gara andasse male o succedeva qualcosa, c’era, sapeva come smorzare la tensione, stemperare la rabbia del momento.




Anche i suoi compagni vivono questo trapasso allo stesso modo?
Sì, con Filippo avevamo un rapporto più di amicizia, con Rino è strettamente legato alla corsa. Magari c’è una chiamata a settimana, ma Filippo ci stava molto più dietro, magari ci si sentiva tutti i giorni anche per delle semplici cose, per sapere come stai.
Il prossimo anno cambierai squadra?
Sì, vado alla Beltrami TSA. Sarò il primo anno elite, lavorerò con Matteo Provini che da quest’anno è il nuovo direttore sportivo e ho molta fiducia in lui, per cercare di portare a casa più risultati e magari riuscire a fare il salto fra i professionisti, perché penso che fisicamente ho ancora margini di crescita. Il fatto che passo Elite non mi ha tolto la speranza, anzi mi ha dato uno stimolo in più per cercare di dimostrare che nonostante io abbia – sembra assurdo a dirsi – un’età avanzata per il ciclismo di adesso, sono ancora pienamente abile per il ciclismo di adesso. Proprio perché non mi sta bene, sono pronto per dimostrare di più l’anno prossimo.
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Fonte originale: https://bici.pro/news/giovani/perani-quel-secondo-posto-nascono-tante-riflessioni/
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